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Uno stimolo per la felicità

Tutti abbiamo provato il piacere di un bicchiere di acqua fresco dopo ore di arsura sotto il sole estivo oppure quello di un piatto di pasta fumante dopo un giorno di digiuno.

Eppure pochi provano soddisfazione a ogni singolo pasto o nel sorseggiare una bevanda, anche quando il loro sapore è particolarmente gradevole.

Molti degli stimoli in grado di donarci benessere li viviamo giornalmente, in parte derivano dal nostro sistema evolutivo, perché l’uomo in passato nell’andarli a cercare garantiva la propria sopravvivenza.

Oggi questi trigger primordiali esistono ancora, ma l’averli dati per scontati perché in qualche modo garantiti dalla società in cui viviamo, ha disattivato l’automatismo stimolo appagato = stato di benessere e felicità.

Pensiamo ad esempio all’impulso della fame o della sete, due messaggi che il nostro corpo manda per ricordarci di soddisfare un bisogno primario, che una volta esauditi possono generare la sensazione di benessere.

Ma gli stimoli capaci di attivare lo stato di gioia sono sicuramente molti, anche perché non esiste un unico tipo di felicità.

I piaceri della tavola ricadono in una forma di felicità che potremmo definire edonica, e che deriva dalla stimolazione dei sensi e dal benessere mentale.

È la soddisfazione di chi sperimenta un piacere biologico primario, non solamente dunque un pasto delizioso, ma anche un’esperienza sessuale o qualche altro godimento fisico come un massaggio o un bagno caldo.

Rientra in questa forma di gioia anche il piacere derivante dall’utilizzare le proprie abilità intellettive sia attraverso il gioco (carte, videogiochi, rompicapi…) sia nell’espressione della propria intelligenza (creatività artistica, ricerca scientifica…).

La stimolazione dei sensi e dell’intelletto avviene anche in tutta una serie di attività accomunate da un’intensa ritmica: la musica, la danza, il canto, tutti gli sport sincronizzati e caratterizzati da profonda armonia.

Come la felicità edonica anche quella relazionale deriva dal nostro background evolutivo, perché la si vive quando si realizzano eventi biologicamente indispensabili per la sopravvivenza della specie ovvero, durante l’innamoramento o più in generale quando si costruiscono o intensificano legami con altre persone o, ancora, nel prendersi cura di qualcuno (figli, nipoti, genitori…).

Comprende anche tutte le forme di gioia legate al confronto, cooperativo o competitivo, con altre persone.

È il benessere che si prova quando si compie una buona azione o ci si sente d’aiuto, ma è anche il godimento di chi, attraverso uno sforzo enorme, vince a spese di un rivale.

Molti stimoli vengono appagati attraverso la ricerca della spiritualità.

È il benessere che prova chi pratica la meditazione, chi prega e vive intensamente la propria fede religiosa, chi sa contemplare e isolarsi dalle preoccupazioni del mondo.

Questo tipo di piacere, che potremmo definire come spirituale, viene vissuto tutte le volte che ci si allontana mentalmente da persone e situazioni per canalizzare tutta l’attenzione esclusivamente verso il proprio io più profondo e/o verso Dio, raggiungendo così un intimo senso di libertà.

Per altre persone il piacere della libertà si raggiunge soprattutto attraverso il dinamismo, sia questo il partecipare a un progetto, un’esperienza o una sfida.

Coloro che vedono il proprio interruttore della felicità accendersi nel sentirsi vitali, tendono a definirsi persone d’azione. La felicità dinamica vede, nelle sue forme più estreme, l’esposizione deliberata e volontaria a uno o più rischi. Tipico è il caso di chi prova eccitazione durante la pratica di uno sport estremo.

Anche i ricordi così come le anticipazioni di possibili scenari futuri possono generare benessere.

Lo stimolo che accende il bottone della letizia non è presente nel momento in cui la luce illumina il presente.

È un piacere asincrono che può dipendere da un ricordo passato, dunque da quello che è stato immagazzinato nella nostra memoria, oppure da un evento atteso, un momento che prevediamo di vivere nel nostro futuro e che verosimilmente sarà foriero di enorme gioia.

Tutti poi abbiamo vissuto una forma di felicità che potrebbe essere definita come alleviante.

L’abbiamo provata, chi più chi meno, nei momenti in cui si è interrotta un’angoscia o una sofferenza. È il sollievo percepito con la sospensione di uno stato d’ansia, insicurezza o semplice noia, ma anche l’interruzione di un dolore fisico prolungato.

Molte sostanze permettono di raggiungere questa forma di “godimento”: gli analgesici alleviano o eliminano una sofferenza fisica, gli antidepressivi una pena psichica, il ricorso a sostanze d’abuso sospende un disagio (salvo poi aggravarlo).

Gli stimoli in grado di portarci alla felicità sono dunque molti. Stimoli necessari per la nostra sopravvivenza e contemporaneamente forieri di benessere.

Certo, ognuno di noi ha i suoi trigger preferiti, eppure la maggior parte di questi si ripropongono nella nostra vita con frequenza quotidiana…

Perché sprecarli?


Bibliografia:

Furnham, A., & Christoforou, I. (2007). Personality Traits, Emotional Intelligence, and Multiple Happiness. North American Journal of Psychology, 9(3), 439-462.

Morris, D. (2004). The nature of happiness. London: Little Books Ltd.

Gian Luca Rosso